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Ruggero Vertemati (vertemax)
Nuovo utente (in prova) Username: vertemax
Messaggio numero: 9 Registrato: 12-2002
| Inviato il giovedì 07 agosto 2003 - 15:09: |    |
ho avuto un sinistro tra l'auto guidata da mio padre e la mia porsche storica.Il danno è di 1400 euro.La motivazione del non voler liquidare il danno è che tra parenti di primo grado per legge non si può.Il fatto è che l'auto di mio padre è in locazione di contratto leasing,perciò mio padre non è il proprietario ma un locatario.Chi è a conoscenza di un precedente caso?Sapete l'indirizzo di qualche sito in materia? Un ruggi saluto. |
   
Umberto (elfer)
Utente esperto Username: elfer
Messaggio numero: 712 Registrato: 09-2002

| Inviato il giovedì 07 agosto 2003 - 21:28: |    |
Il principio che sancisce l'obbligo di risarcimento è il c.d. concetto di "terzietà". La legge stabilisce che tale rapporto non è determinato dal fatto di essere padre e figlio, fratello e sorella, marito e moglie, quanto dalla "convivenza" delle parti in base allo stato di famiglia. In sostanza, se tu appartierni al medesimo nucleo familiare secondo il rapporto di convivenza di cui sopra non avrai diritto all'indennizzo, ma se tu e tuo padre costituite legalmente due diversi nuclei familiari (fatto tra l'altro documentabile con una certificazione), la compagnia non potrà esimersi dal risarcimento integrale. Saluti cordiali. Umberto Elfer web site!
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Maurizio (morice)
Utente esperto Username: morice
Messaggio numero: 666 Registrato: 10-2001

| Inviato il venerdì 08 agosto 2003 - 07:03: |    |
Quindi Basta risiedere in due domicili diversi? o non devi più comparire sullo stato di famiglia, dei tuoi genitori?
La massima di un Talebano: Se sicuro in giro vuoi andare, con l'aria il motore lo devi raffreddare..!!!
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Umberto (elfer)
Utente esperto Username: elfer
Messaggio numero: 713 Registrato: 09-2002

| Inviato il venerdì 08 agosto 2003 - 08:25: |    |
Più che di domicilio, Morice, parlerei di residenza. Deve cessare la condizione giuridica di convivenza, e questo si verifica col cambiamento di residenza. Ovviamente lo status deve esistere al momento dei fatti e non successivamente... Ho assistito in certi casi alla richiesta del certificato di "stato di famiglia storico" che ricostruisce la composizione del nucleo familiare fin dal matrimonio. Cordialmente Umberto Elfer web site!
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Ruggero Vertemati (vertemax)
Nuovo utente (in prova) Username: vertemax
Messaggio numero: 10 Registrato: 12-2002
| Inviato il venerdì 08 agosto 2003 - 14:36: |    |
Vi ringrazio nella maniera piu'assoluta,peccato la distanza altrimenti una cena era assicurata. Un ruggi saluto. |
   
Maurizio (morice)
Utente esperto Username: morice
Messaggio numero: 667 Registrato: 10-2001

| Inviato il venerdì 08 agosto 2003 - 19:16: |    |
Ruggero io sono di Milano, consumo io per ALFER poi riferisco....
La massima di un Talebano: Se sicuro in giro vuoi andare, con l'aria il motore lo devi raffreddare..!!!
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Ruggero Vertemati (vertemax)
Nuovo utente (in prova) Username: vertemax
Messaggio numero: 11 Registrato: 12-2002
| Inviato il sabato 09 agosto 2003 - 14:02: |    |
Perchè no! Pensa che l'agente cascava giu' dal fico, ma devi capire,devi sapere,tocca a te informarti, insomma era quasi colpa mia che non lo sapevo! Un ruggi saluto. |
   
Umberto (elfer)
Utente esperto Username: elfer
Messaggio numero: 715 Registrato: 09-2002

| Inviato il mercoledì 13 agosto 2003 - 18:41: |    |
Un mestieraccio, il nostro....comunque, Ruggero, sono contento che tu possa addivenire ad una soluzione definitiva del problema. Saluti da Podgora, Croazia. Umberto Elfer web site!
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Ruggero Vertemati (vertemax)
Nuovo utente (in prova) Username: vertemax
Messaggio numero: 13 Registrato: 12-2002
| Inviato il lunedì 01 settembre 2003 - 14:31: |    |
Non è mica finita; Oggi mi hanno riferito che la terzietà s'intende per discendenza verticale e non orizzontale??????????? D'aggia fa? Un ruggi saluto: |
   
Lorenzo (986monza)
Ciucciami gli scarichi ! Username: 986monza
Messaggio numero: 2002 Registrato: 04-2002

| Inviato il lunedì 01 settembre 2003 - 15:05: |    |
Minkia...per avere un indennizzo devi essere laureato in astrofisica, nonche' esperto dei rapporti "padre-figlio", consulente famigliare iscritto all'albo e avere come minimo la residenza a Montecarlo mentre tuo Padre dovrebbe risiedere a SanMarino... ma quelli sono pazzi... ...FAI CASINO! MINACCIA DI FARE CAUSA! I LADRI...ops, ho sbagliato, LE COMPAGNIE ASSICURATIVE sono una piaga della società, chiaramente non mi riferisco a chi ci lavora, ma alla loro organizzazione (a delinquere?) nei confronti del povero cittadino indifeso.
Visita il mio sito web ! |
   
Pietro (pietro911t2200)
Utente registrato Username: pietro911t2200
Messaggio numero: 204 Registrato: 07-2002
| Inviato il lunedì 01 settembre 2003 - 17:19: |    |
penso che Elfer sia stato esauriente: la discendenza non incide, conta la diversità dei nuclei familiari, forse perchè si presume che 2 nuclei familiari distinti siano patrimonialmente autonomi,quindi... |
   
Umberto (elfer)
Utente esperto Username: elfer
Messaggio numero: 722 Registrato: 09-2002

| Inviato il lunedì 01 settembre 2003 - 17:25: |    |
Ruggero: cita e vai tranquillo. C'è già tanta giurisprudenza a proposito. Saluti cordiali da un assicuratore dissidente Umberto Elfer web site!
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Ruggero Vertemati (vertemax)
Nuovo utente (in prova) Username: vertemax
Messaggio numero: 14 Registrato: 12-2002
| Inviato il giovedì 04 settembre 2003 - 11:03: |    |
Posso avere i riferimenti almeno di una o due sentenze che confermano quanto da lei scritto in merito al concetto di terzietà. Ho sentito due liquidatori diversi di due compagnie diverse che invece hanno un parere opposto e mi dicono che se invece presento le sentenze riguardanti un caso simile posso tranquillamente ottenere il risarcimento senza fare citazioni in tribunale o cose simili. Grazie, Ruggy saluto. |
   
Pietro (pietro911t2200)
Utente registrato Username: pietro911t2200
Messaggio numero: 205 Registrato: 07-2002
| Inviato il giovedì 04 settembre 2003 - 13:44: |    |
Ruggero rivolgiti a un legale, prima di citare la compagnia provvederà ad inviare formale richiesta danni, la compagnia in base alla lex DEVE dare comunque un riscontro, se tace a quel punto si fa la citazione... |
   
Ruggero Vertemati (vertemax)
Nuovo utente (in prova) Username: vertemax
Messaggio numero: 15 Registrato: 12-2002
| Inviato il giovedì 04 settembre 2003 - 14:07: |    |
E,è appunto il legale dell'assicurazione che mi chiede un precedente.!!!!! Un ruggisaluto. |
   
Pietro (pietro911t2200)
Utente registrato Username: pietro911t2200
Messaggio numero: 206 Registrato: 07-2002
| Inviato il giovedì 04 settembre 2003 - 15:12: |    |
ma quale legale?quello della TUA compagnia? è lui che deve fare il suo lavoro e argomentare! |
   
Fabio Faraguna (amvfd)
Nuovo utente (in prova) Username: amvfd
Messaggio numero: 19 Registrato: 05-2003
| Inviato il giovedì 04 settembre 2003 - 16:53: |    |
Cassazione civile, SEZIONE III, 9 agosto 2000, n. 10542 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONESEZIONE TERZA CIVILEComposta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:Dott. Vittorio DUVA PresidenteDott. Giovanni Silvio COCO ConsigliereDott. Renato PERCONTE LICATESE ConsigliereDott. Giovanni PETTI ConsigliereDott. Mario FINOCCHIARO Cons. Relatoreha pronunciato la seguente:SENTENZAsul ricorso proposto da:FONTE Antonino, elettivamente domiciliato in Roma, via Cosseria n.5,presso l'avv. Guido Romanelli, che lo difende unitamente all'avv.Pietro Marino, giusta delega in atti;- ricorrente -controPOLARIS ASSICURAZIONI s.p.a., già SIPEA s.p.a., in persona delpresidente amministratore delegato Giorgio Introvigne, elettivamentedomiciliato in Roma, Lungotevere Falminio n. 48, presso l'avv. SandraRossi, che lo difende giusta delega in atti;- controricorrente -nonché controMESSINA Filippo- intimato -avverso la sentenza della Corte d'appello di Roma n. 1631-95 dell'11aprile 1995, deliberata il 18 aprile 1995 e pubblicata il 9 maggio1995 (R.G. 4097-91).Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 9febbraio 2000 dal Relatore Cons. Mario Finocchiaro;Udito l'avv. G. Romanelli per il ricorrente e l'avv. S. Rossi per ilcontroricorrente;Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.Raffaele Ceniccola, che ha concluso chiedendo l'accoglimento perquanto di ragione dei primi tre motivi e l'assorbimento del quarto. Inizio documento Fatto Il giorno 8 giugno 1986 l'autovettura FIAT 127 targata EN 98820, di proprietà di MESSINA Filippo, condotta da FONTE Riccardo e assicurata per la responsabilità civile presso la SIPEA s.p.a. entrava in collisione, per lo scoppio di un pneumatico, con l'autovettura VOLVO targata EN 94678: dall'incidente riportava lesioni il minore FONTE Antonino. Premesso quanto sopra FONTE Riccardo e MESSINA Irene, quali legali rappresentanti del minore FONTE Antonino convenivano in giudizio, innanzi al tribunale di Roma la SIPEA s.p.a., nonché MESSINA Filippo, per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni tutti patiti in occasione del descritto incidente. Con sentenza 24 ottobre - 27 novembre 1990 il tribunale rigettava la domanda, tenuto presente che le lesioni patite dal minore erano ascrivibili alla colpa del padre - conducente del veicolo assicurato - che lo stesso, pertanto, non poteva fruire dei benefici assicurativi, ai sensi dell'art. 4, lett. b) legge n. 990 del 1969. Gravata tale pronunzia dai soccombenti, la Corte di appello di Roma con sentenza 18 aprile - 9 maggio 1995 rigettava l'appello proposto da FONTE Riccardo e MESSINA Irene, compensate tra le parti le spese del giudizio di appello. Per la cassazione di tale pronunzia ha proposto ricorso, affidato a 4 motivi e illustrato da memorie, FONTE Antonino. Resiste con controricorso la Polaris Assicurazioni s.p.a., già SIPEA s.p.a. MESSINA Filippo, nei cui confronti con ordinanza 22 settembre 1999 è stata disposta l'integrazione del contraddittorio da parte del Collegio, non ha svolto attività difensiva, in questa sede. Inizio documento Diritto 1. Come accennato in parte espositiva, con riferimento ad un sinistro stradale accaduto nel 1986, nel quale ha riportato danni alla persona l'attuale ricorrente (all'epoca minorenne), trasportato sull'auto condotta dal proprio genitore, ritenuto responsabile dell'incidente, i giudici del merito hanno rigettato la domanda di danni proposta nei confronti della società ora controricorrente, assicuratrice della responsabilità civile della vettura. Pur in presenza della sentenza 2 maggio 1991 n. 188 della Corte costituzionale - che ha dichiarato la illegittimità costituzionale, per violazione dell'art. 3 cost., dell'art. 4, lett. b), l. 24 dicembre 1969 n. 990 nel testo all'epoca vigente!, nella parte in cui escludeva dal diritto ai benefici dell'assicurazione obbligatoria, per quanto riguarda i danni alle persone, il coniuge, gli ascendenti e i discendenti legittimi naturali o adottivi delle persone indicate nella lett. a) dello stesso articolo nonché gli affiliati e gli altri parenti e affini fino al terzo grado delle stesse persone, quando convivano con esse o siano a loro carico i giudici di appello sono pervenuti al rigetto della domanda attrice sulla base delle seguenti considerazioni: - la stessa sentenza della Corte costituzionale, nella parte motiva, ha precisato che restava «impregiudicata» la questione ulteriore, estranea al campo della giustizia costituzionale, in ordine alle possibili conseguenze della dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma denunciata! sulla validità del contratto di assicurazione, alla stregua di principi del diritto civile; - il contratto inter partes, nell'escludere dalla garanzia assicurativa i terzi di cui all'art. 4, lett. a) e b) della legge n. 990 del 1969, prevedeva che oggetto della assicurazione erano i rischi della responsabilità civile per i quali era obbligatoria la assicurazione ai sensi della legge n. 990 del 1969; - lo stesso contratto (art. 5 delle condizioni generali prevedeva, altresì, che qualora nel corso del contratto fossero intervenute modificazioni delle condizioni di polizza l'oggetto del contratto era previsto, appunto, dalla condizione generale 1, e dalla condizione aggiuntiva A! il contratto sarebbe stato adeguato alle nuove condizioni. - l'adeguamento del rischio e del premio, in particolare, avrebbe avuto decorrenza dalla prima scadenza annuale successiva alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del provvedimento del Comitato Interministeriale dei Prezzi che stabiliva le modificazioni e, comunque dal 365simo giorno successivo alla pubblicazione stessa; - pacifico quanto sopra e non controverso che solo a seguito della sentenza n. 188 del 1991 della Corte costituzionale le compagnie di assicurazione attivarono il procedimento di adeguamento delle condizioni di assicurazione al dettato costituzionale e della richiesta di un premio maggiore, proporzionato alla estensione del rischio ai parenti trasportati, deve escludersi che la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 4 della legge n. 990 del 1969 abbia determinato la inefficacia o la invalidità del contratto inter partes nella parte in cui escludeva la garanzia assicurativa ai parenti trasportati. 2. Con il primo motivo, denunziando «violazione e falsa applicazione dell'art. 136 cost. in combinato disposto con l'art. 30 comma 3, l. 11 marzo 1953, n. 87», nonché «omissione, contraddittorietà e illogicità della motivazione in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.» il ricorrente censura la sentenza gravata nella parte in cui la stessa ha escluso la applicabilità dei principi enunciati dalla sentenza n. 188 del 1991 della Corte costituzionale nel presente giudizio certamente «in corso» all'epoca di quella pronunzia!. Si osserva, infatti, con autorevole dottrina, che le norme dichiarate costituzionalmente illegittime sono estromesse definitivamente dall'ordinamento giuridico e non sono più applicabili, nè suscettibili di ricevere comunque osservanza e esecuzione, atteso che la sentenza della Corte costituzionale ne determina la radicale eliminazione dal sistema del diritto oggettivo, del quale essere erano - in precedenza - elementi integranti. I giudici del merito - osserva ancora il ricorrente - incorrono in contraddizione e illogicità, allorché richiamano la necessità della modifica dell'oggetto della assicurazione e dell'adeguamento del premio, all'epoca dell'incidente, quale condizione per la estensione della garanzia assicurativa in favore dei parenti dei trasportati, senza considerare che tale condizione non avrebbe potuto verificarsi all'epoca dell'incidente, verificatosi cinque anni prima della declaratoria di incostituzionalità. 3. Il motivo non coglie nel segno, alla luce delle considerazioni che seguono. 3. 1. È esatto il rilievo, ampiamente sviluppato negli scritti di causa di parte ricorrente, secondo cui a norma dell'art. 136 Cost., «quando la Corte dichiara l'illegittimità costituzionale di una norma di legge... la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione» e che tanto, «le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione» (art. 30, comma 3, l. 11 marzo 1953, n. 87). Deve negarsi - peraltro - che i giudici d'appello allorché hanno escluso il diritto in capo all'attuale ricorrente a conseguire, dall'assicuratore della responsabilità civile della vettura sulla quale viaggiava, di proprietà di suo padre e dallo stesso condotta, il ristoro dei danni patiti per fatto e colpa esclusivi del proprio genitore, nel 1986, e, cioè, ben anteriormente alla pronunzia 2 maggio 1991, n. 188, della Corte costituzionale, abbiano, in qualche modo, violato i richiamati principi di diritto, o reso una pronunzia denunciabile sotto il profilo di cui all'art. 360 n. 5 c.p.c. Si precisa - in particolare - in motivazione da C. cost. 2 maggio 1991, n. 188, che «resta impregiudicata la questione ulteriore, estranea al campo della giustizia costituzionale, se e quali conseguenze l'eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale possa avere sulla validità del contratto di assicurazione de quo alla stregua dei principi del diritto civile». È evidente, pertanto, in limine, che dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 4 della legge n. 990 del 1969 pronunziata da C. cost. n. 188 del 1991!, non deriva, affatto, de plano - come ora assume parte ricorrente - la conseguenza che l'assicuratore sia tenuto ad indennizzare i suddetti trasportati dei danni derivati dalla circolazione anche se il sinistro si è verificato come nel caso ora in esame! anteriormente alla sentenza. 3. 2. In realtà, a giudizio di questa Corte, la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 4, lettera b), della legge 24 dicembre 1969, n. 990, modificato dal decreto legge 23 dicembre 1976, n. 857, convertito in legge 26 febbraio 1977, n. 39, nella parte in cui esclude dal diritto ai benefici dell'assicurazione obbligatoria, per quanto riguarda i danni alle persone, il coniuge, gli ascendenti e i discendenti legittimi, naturali o adottivi delle persone indicate alla lettera a), nonché gli affiliati e gli altri parenti e affini fimo al terzo grado delle medesime quando convivano con esse o siano a loro carico, lungi dall'incidere - come pretende parte ricorrente - su contratti già conclusi nel vigore della precedente disciplina, e, quindi, soggetti alla disciplina vigente all'epoca, ha prodotto i suoi effetti - con decorrenza dal 1 gennaio 1978 cfr.. sul punto. C. cost. 8 luglio 1992. n. 323. specie in motivazione! - esclusivamente (come è proprio, del resto, delle pronunce della Corte costituzionale) sul piano «normativo». In particolare, per effetto della citata pronunzia i veicoli a motore senza guida di, rotaie, non potevano essere posti in circolazione, sin dal 1 gennaio 1978, se non fossero coperti di assicurazione per la responsabilità civile verso i terzi con la previsione, tra i terzi «assicurati», anche delle persone analiticamente indicate nella parte dispositiva della sentenza n. 188 del 1991. Ciò importa - ad avviso di questa Corte - che con riferimento al periodo 1 gennaio 1978 - 2 maggio 1991 i soggetti indicati dalla citata pronunzia, ove vittime di un sinistro stradale per fatto di un loro «congiunto», hanno riportato - in pratica - un danno causato dalla circolazione di veicolo non coperto di assicurazione (almeno nei loro confronti), con conseguente applicazione dell'art. 19, dalla l. 24 dicembre 1969, n. 990. Giusta tale ultima previsione, in particolare, chi ha riportato lesioni personali da un sinistro stradale cagionato da veicolo non coperto di assicurazione e per il quale - invece - per legge sussisteva l'obbligo di assicurazione, ha azione, per conseguire il relativo risarcimento, nei confronti del «Fondo di garanzia le vittime della strada», in persona dell'impresa designata ai sensi dell'art. 20 della legge n. 990. 1969. È evidente, in conclusione, che l'attuale ricorrente doveva far valere le proprie pretese risarcitorie nei confronti del Fondo vittime della strada, per essere rimasto danneggiato da una vettura non regolarmente! assicurata e non nei confronti della società attuale controricorrente che, con riferimento all'anno (epoca del sinistro) certamente non ha «assicurato» FONTE Riccardo per i danni da questi causati ai propri congiunti da lui trasportati. 3. 3. Sempre con il primo motivo parte ricorrente, come ricordato sopra denuncia, sotto il profilo di cui all'art. 360 n. 5 c.p.c. «omissione, contraddittorietà e illogicità della motivazione». Anche sotto tale profilo il motivo deve disattendersi. Parte ricorrente - infatti - lungi dall'evidenziare quali siano le «contraddizioni» presenti tra le singole affermazioni contenute nella sentenza gravata, tali da non consentire di ricostruire l'iter argomentativo fatto proprio dai giudici del merito, e dall'indicare quali elementi - di fatto o di diritto - circa punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabile di ufficio, siano stati totalmente trascurati dai detti giudici, si duole - esclusivamente che la lite ha avuto un esito diverso da quello da lei auspicato e che una diversa lettura, degli atti di causa, e delle varie norme rilevanti al fine del decidere, avrebbe potuto condurre ad una diversa conclusione. 3. 4. Sempre in margine al primo motivo di ricorso deve segnalarsi che esaminando una vicenda sotto molti aspetti analoga alla presente, questa Corte, qualche anno addietro, ha avuto modo di enunciare un principio di diritto che può essere così riassunto: «a seguito della decisione n. 188 del 1991 della Corte costituzionale, la quale ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 4 della legge n. 990 del 1969, nella parte in cui escludeva dai benefici assicurativi i trasportati congiunti dell'assicurato, l'assicuratore è tenuto ad indennizzare i suddetti trasportati dei danni derivati dalla circolazione, anche se il sinistro si sia verificato anteriormente alla suddetta sentenza» (Cass., 16 dicembre 1997, n. 12723). 3. 5. Ritiene il collegio che tale principio non possa essere ulteriormente confermato. In quell'occasione, in particolare, la Corte ebbe ad invocare - a fondamento della raggiunta conclusione - le seguenti considerazioni: - l'obbligazione risarcitoria posta in capo all'assicurazione nei confronti del terzo, non viene ad avere una fonte contrattuale, bensì legale anche in dipendenza del carattere obbligatorio dello speciale regime di assicurazione della responsabilità civile introdotto con la legge n. 990 del 1969 e dell'interesse pubblico che sovrintende la materia e che è quello di garantire il diritto al risarcimento per tutte le vittime degli incidenti stradali; - esatta è la precisazione del giudice del gravame circa la natura del rinvio del contratto assicurativo alle norme della citata legge, avendo egli qualificato non come rinvio formale e, quindi, immodificabile, bensì come richiamo dell'ambito operativo previsto dalla legge, di talché ove dovessero essere mutati i limiti di operatività della norma in dipendenza di una declaratoria di incostituzionalità, il contratto dovrà recepire la nuova previsione legislativa, che in forza dell'efficacia retroattiva delle sentenze della Corte Costituzionale, doveva considerarsi già recepita nel contratto fin dal momento della sua stipulazione, per effetto del richiamo per relationem; - con la legge 19 febbraio 1992 n. 142 sono state stabilite le disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alla Comunità europee (legge comunitaria per il 1991) e l'art 28 di essa, concernente l'attuazione della direttiva del Consiglio 84-5-CEE in materia di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motori e dei natanti prevede l'estensione soggettiva della garanzia assicurativa ai soggetti di cui alla lett. b) dell'art 4 legge n. 990 del 1969, avendo sostituito l'art. 4 anzidetto con la precisazione tra l'altro che i soggetti di cui alla lett. b) della stessa norma non hanno diritto ai benefici derivanti dai contratti di assicurazione stipulati ai sensi della citata legge, solo limitatamente ai danni alle cose; - in conseguenza dell'immediata operatività della nuova disciplina derivante dalla pronuncia in questione ai benefici che ne derivano per le categorie dei soggetti presi in considerazione, deve ritenersi corrispondere il relativo obbligo per gli assicurati, di corrispondere il maggior premio determinato, secondo le procedure previste dall'art. 11 della stessa legge, in funzione dell'allargamento dell'area dei rischi normativamente coperti dall'assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivanti dalla circolazione dei veicoli, in base al principio dell'eterointegrazione contrattuale di cui costituisce applicazione l'art. 34 stessa legge. 3. 6. Nessuno dei richiamati principi merita consenso 3. 6. 1. L'affermazione secondo cui «l'obbligazione risarcitoria posta in capo all'assicurazione nei confronti del terzo, non viene ad avere una fonte contrattuale, bensì legale», contrasta sia con la lettera della legge, sia con la sua sistematica è certo, infatti, che il «terzo» danneggiato ha una tutela «diversa» a seconda che il responsabile del sinistro fosse, al momento di questo, o meno, assicurato, cfr. artt. 18 e 19 l. 24 dicembre 1969, n. 990!, sia - infine - con la pacifica giurisprudenza di questa corte regolatrice. Da lustri, in particolare, non si dubita - in giurisprudenza - che il contratto stipulato fra l'assicurato e l'assicuratore a copertura della responsabilità civile automobilistica costituisce, anche nell'assicurazione obbligatoria, la fonte primaria e la misura di ogni obbligazione dell'assicuratore tanto verso l'assicurato che verso il terzo danneggiato, il quale deriva una sola situazione di vantaggio con autonoma tutela proprio dall'esistenza dell'avvenuta stipulazione della polizza (cfr., per tutte, Cass., sez. un., 29 luglio 1983, nn. 5218 e 5219). È palese, pertanto, che in tanto sussiste, per il terzo-congiunto del danneggiante assicurato, il diritto a pretendere dall'assicuratore di questo il ristoro dei danni patiti, in quanto esista una puntuale clausola contrattuale che copra tale «rischio». Poiché, come osservato sopra, le sentenze della Corte costituzionale sono inidonee ad incidere, retroattivamente, nei confronti di «rapporti contrattuali» interprivati, i quali quantomeno sino alla data della pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale, non possono che essere soggetti alla disciplina della legge in vigore all'epoca in cui furono conclusi, è palese l'insostenibilità del diverso assunto fatto proprio da Cass. 16 dicembre 1997, n. 12723. 3. 6. 2. Quanto, ancora, all'assunto secondo cui la società assicuratrice sarebbe tenuta al pagamento dei danni patiti dai congiunti degli assicurati per fatto di questi ultimi anteriormente alla sentenza n. 188 del 1991 a seguito della «nuova formulazione» per effetto della intervenuta dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 4, lett. b) l. 24 dicembre 1969, n. 990! della legge n. 990 del 1969 sul contratto oggetto di controversia, concluso facendo riferimento appunto alle disposizioni di detta legge è sufficiente osservare come la proposizione si ponga, senza alcuna motivazione da parte di Cass. 16 dicembre 1997, n. 12723, in contrasto con una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte. Deve ribadirsi, infatti, al riguardo, come, peraltro, meglio si vedrà in prosieguo, in sede di analisi del terzo motivo di censura, che qualora il contratto di assicurazione determini il rischio oggetto di copertura assicurativa con esplicito riferimento al contenuto di una norma di legge, la norma medesima viene recepita con il valore di patto negoziale, per cui è irrilevante la successiva declaratoria di illegittimità costituzionale di tale norma, al fine di dedurne un diverso contenuto delle obbligazioni contrattuali a carico dell'assicuratore. 3. 6. 3. Irrilevante, ancora, al fine del decidere, appare il rilievo secondo cui con l'art. 28 della legge 19 febbraio 1992 n. 142 (legge comunitaria per il 1991), la materia è stata disciplinata in termini diversi. Escluso, infatti, che la normativa sopravvenuta abbia efficacia retroattiva o possa - in qualche modo applicarsi ai contratti che alla data della sua entrata in vigore erano già cessati (per scadenza naturale o per qualsiasi altro motivo), o ai sinistri già verificatisi alla detta data sul punto cfr., altresì, infra, in sede di esame del terzo motivo di ricorso! è palese che dalla detta disposizione sopravvenuta non possono trarsi elementi di sorta, al fine del decidere e di risolvere lo specifico problema ora in esame. 3. 6. 4. Quanto, infine, all'affermazione - che conclude la parte motiva di Cass. 16 dicembre 1997, n. 12723 - secondo cui «va rilevato, infine, che in conseguenza dell'immediata operatività della nuova disciplina derivante dalla pronuncia in questione ai benefici che ne derivano per le categorie dei soggetti presi in considerazione, deve ritenersi corrispondere il relativo obbligo per gli assicurati, di corrispondere il maggior premio determinato, secondo le procedure previste dall'art. 11 della stessa legge, in funzione dell'allargamento dell'area dei rischi normativamente coperti dall'assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivanti dalla circolazione dei veicoli, in base al principio dell'eterointegrazione contrattuale di cui costituisce applicazione l'art. 34 stessa legge», la stessa - lungi dall'offrire argomenti, a sostegno della tesi fatta propria da quella sentenza - ne dimostra l'assoluta infondatezza. Come noto, nell'assicurazione della responsabilità civile - giusta la testuale definizione datane dall'art. 1917 c.c., e valida, in forza delle considerazioni svolte sopra anche con riguardo all'assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile prevista dalla legge n. 990 del 1969 - l'assicuratore è obbligato a tenere indenne l'assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo della assicurazione, deve pagare a un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto. Pacifico quanto sopra, deve escludersi possa aderirsi all'assunto (fatto proprio dalla richiamata sentenza n. 12723 del 1997 di questa Corte) secondo cui in forza della sentenza n. 188 del 1991 della Corte costituzionale che ha esteso con effetti retroattivi la copertura assicurativa ai congiunti dell'assicurato esiste titolo, in capo alle compagnie assicuratrici della responsabilità civile per pretendere - nei confronti di tutte le polizze rilasciate tra il 1 gennaio 1978 e la data di pubblicazione della sentenza n. 188 del 1991 - una integrazione del premio assicurativo. È palese, infatti, l'impossibilità, giuridica, oltre che logica, che l'assicuratore possa pretendere una integrazione del premio a suo tempo pagato dall'assicurato con riguardo ad un periodo di tempo già trascorso nella generalità dei casi senza il nuovo «fatto» assicurato si sia verificato! (cioè con riguardo ad un «rischio» non più esistente). Se - concludendo sul punto - deve escludersi per effetto della più volta ricordata sentenza n. 188 del 1991 della Corte costituzionale, gli istituti assicuratori abbiano titolo di pretendere dagli assicurati una integrazione dei premi a suo tempo pagati per polizze di assicurazione già scadute (per le quali, cioè, alla data della sentenza del 1991, era già trascorso il periodo di operatività), a maggior ragione deve escludersi che sulla base delle stesse polizze e in forza della sopravvenuta sentenza della Corte costituzionale! un terzo, congiunto dell'assicurato e che abbia subito un danno per fatto di quest'ultimo, possa pretendere, nei confronti dell'assicuratore, una prestazione a suo tempo non compresa nel contratto. 4. Con il secondo motivo il ricorrente - denunziando «violazione e falsa applicazione dell'art. 1339 c.c. e! contraddittorietà ed illogicità della motivazione in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.» - censura, ancora, la sentenza gravata nella parte in cui questa ha ritenuto non pertinente, per risolvere la controversia, il richiamo, implicitamente! contenuto negli scritti difensivi di causa, all'art. 1339 c.c., sul rilievo che la sostituzione di clausole prevista da tale disposizione può trovare applicazione solo nell'ipotesi in cui le norme imperative preesistano al contratto che contiene la clausola ad esse contraria, mentre nella specie la sentenza della Corte costituzionale è successiva alla stipulazione del contratto assicurativo. Il principio di diritto invocato dalla sentenza gravata - osserva, al riguardo, il ricorrente - è erroneo atteso che lo spirito della norma è proprio quello dell'inserimento automatico delle norme inderogabili introdotte successivamente alla stipula del contratto, in sostituzione delle clausole difformi apposte dalle parti, come chiarito in diverse occasioni sia dalla giurisprudenza, in margine, ad esempio alla legge 27 luglio 1978, n. 392, sia dalla dottrina. 5. La censura non può trovare accoglimento. Sotto diversi, concorrenti, profili. 5. 1. In primo luogo si osserva - in conformità, del resto ad una giurisprudenza più che consolidata di questa corte regolatrice - che il principio posto dall'art. 1339 c.c. (inserzione automatica di clausole) non è invocabile nell'ipotesi in cui non si prospetti la sostituzione di clausole contrattuali difformi rispetto a norme imperative di legge, ma solo l'integrazione di lacune della manifestazione della volontà negoziale, al fine, peraltro, di ottenere non già effetti derivanti dall'applicazione della norma imperativa ma effetti del tutto diversi, che possono dipendere solo dalle pattuizioni delle parti (Cass. 19 dicembre 1992, n. 13459). Poiché nella specie è certo, oltre ogni ragionevole dubbio, che FONTE Riccardo, in sede di stipulazione della polizza di assicurazione in margine alla quale ora è controversia, ben poteva convenire con la società assicuratrice di estendere la copertura assicurativa anche ai «trasportati», a lui legati da particolari rapporti di parentela corrispondendo, ovviamente, un premio maggiore! è palese la non pertinenza, al fine del decidere, del principio contenuto nell'art. 1339 c.c., in tema di inserzione automatica di clausole. 5. 2. In secondo luogo, anche a prescindere da quanto precede, esattamente i giudici del merito hanno ritenuto che per la operatività del principio in questione è indispensabile la «anteriorità» della «clausola» o del «prezzo» imposti dalla legge, rispetto al «contratto». Quanto precede, infatti, trova conferma nella stessa formulazione letterale della disposizione, secondo cui - in particolare - «le clausole i prezzi di beni o di servizi, imposti dalla legge sono di diritto inseriti nel contratto, anche in sostituzione delle clausole difformi apposte dalle parti». In altri termini poiché le parti, disattendendo una norma «imperativa», hanno dato vita ad una clausola non conforme al precetto normativo, quest'ultimo si sovrappone alla autonomia delle parti altrimenti sovrana! e, d'imperio, sostituisce la clausola voluta dalle parti stesse con altra, diversa, conforme a legge. Pacifico quanto precede è palese la non riferibilità dei richiamati principi nel caso di specie, atteso che non si è mai dubitato, in causa, che allorché le parti hanno concluso nel 1986! il contratto di assicurazione per cui è controversia, le stesse si sono puntualmente attenute ai precetti normativi all'epoca vigenti. Nè può invocarsi che successivamente in particolare nel 1991 il quadro normativo è mutato e, conseguentemente, quelle pattuizioni in precedenza conformi a legge si sono poste in contrasto con questa, da cui la necessità della loro sostituzione con le «nuove» clausole contrattuali. Non disponendo - infatti - la legge che per l'avvenire e non avendo la stessa effetto retroattivo (cfr. art. 11, comma 1, preleggi) è evidente che la operatività delle nuove clausole poteva, eventualmente, valere con riguardo al periodo successivo alla sentenza n. 188 del 1991 della Corte costituzionale, ma non certamente con riguardo agli effetti già prodotti dal contratto stesso. Nè - ancora - è pertinente, al fine di pervenire ad una diversa conclusione, il richiamo all'insegnamento contenuto in Cass. 25 agosto 1989, n. 3780, atteso che la stessa ha affermato un principio totalmente diverso, rispetto a quello invocato dall'attuale ricorrente. Detta sentenza, infatti, lungi dall'affermare che norme imperative sopravvenute incidono retroattivamente sui contratti in corso alla data della loro entrata in vigore, modificandone gli effetti già prodottisi sotto il vigore della previgente disciplina!, si è limitata a statuire che le norme imperative sopravvenute, devono «per il futuro», trovare applicazione anche nei contratti «in corso». Ne segue, pertanto, come ampiamente esposto nelle pagine precedenti, che pur nella eventualità nessuna delle parti interessate abbia disdettato il contratto di assicurazione per cui è controversia alla data della scadenza (24 aprile 1986), sì che lo stesso, per effetto di una serie ininterrotta di rinnovazioni possa considerarsi ancora «in corso» alla data della sentenza 2 maggio 1991 della Corte costituzionale, la circostanza è irrilevante al fine del decidere e di pervenire ad una diversa soluzione della lite. Come - infatti - una norma imperativa che ponga un «limite» ai canoni dei contratti di locazione, o al corrispettivo dovuto per certi servizi, non dà diritto - salva espressa diversa previsione legislativa - a colui che ha corrisposto un canone o un corrispettivo eccedente il nuovo limite legale, di ripetere - con riguardo a prestazioni già ricevute nel passato - quanto pagato in eccesso - ancorché tali corrispettivi siano stati pagati in forza di un contratto che per non essere ancora scaduto o per essersi rinnovato ex lege è ancora in vigore alla data della nuova normativa, analogamente la più volte ricordata pronunzia di illegittimità costituzionale C. cost. 2 maggio 1991, n. 188 non è idonea a modificare quelli che erano i diritti e gli obblighi delle parti anteriormente alla sua pronunzia. Esattamente, pertanto, come dimostrato sopra, i giudici del merito, con riferimento al periodo 24 aprile 1986 - 24 aprile 1987, hanno affermato che non erano coperti da assicurazione i sinistri indicati nell'art. 4, lett. b) legge n. 990 del 1969 nel testo allora vigente e l'assicurato non era tenuto al pagamento di alcun premio per tali sinistri. 6. Con il terzo motivo denunciando «violazione e falsa applicazione dell'art. 18, legge n. 990 del 1969 e dell'art. 4 della stessa legge n. 990 del 1969, come sostituito dall'art. 28 della l. 19 febbraio 1992 n. 142, nonché della direttiva del Consiglio della comunità economica europea n. 84-5-CEE» e «omessa e contraddittoria motivazione in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.» il ricorrente censura la sentenza gravata nella parte in cui la stessa ha affermato che l'estensione della garanzia ai danni subiti dai parenti trasportati si sostanzia in un ulteriore rischio e, quindi in un diverso oggetto del contratto e non in una eccezione derivante dal contratto, con conseguente inapplicabilità della norma sopravvenuta. Osserva - al riguardo - il ricorrente che la polizza assicurativa inter partes prevedeva la copertura assicurativa anche per i terzi trasportati a qualsiasi titolo e, per l'effetto, anche di esso concludente, all'epoca minore, trasportato dal genitore. Comunque, evidenzia il ricorrente, erroneamente i giudici del merito non hanno fatto applicazione dell'art. 28 della l. 19 febbraio 1992 n. 142 che, in attuazione della sentenza n. 188-5 del Consiglio delle Comunità Europee ha riscritto il testo dell'art. 4 della legge 24 dicembre 1969, n. 990. 7. Al pari dei precedenti il mezzo non può accoglimento. Sotto nessuno dei profili in cui si articola. 7. 1. Quanto al primo «la polizza assicurativa inter partes prevedeva la copertura assicurativa anche per i terzi trasportati a qualsiasi titolo e, l'effetto, anche di esso concludente, all'epoca minore, trasportato dal genitore» la censura deve disattendersi atteso che è pacifico - in causa - che la polizza era stata stipulata con il rispetto delle previsioni contenute nella legge 24 dicembre 1969, n. 990. Non prevedendo (anzi, escludendo espressamente) all'epoca in cui il contratto di assicurazione è stato concluso - la legge n. 990 del 1969 che avessero diritto ai benefici derivanti dai contratti di assicurazione obbligatoria stipulata a norma della stessa legge, tra l'altro, i discendenti legittimi conviventi con l'assicurato, è palese che esattamente i giudici merito hanno negato il diritto al risarcimento in capo all'attuale ricorrente. Irrilevante, al fine di pervenire ad una diversa conclusione, è la circostanza che successivamente alla conclusione del contratto (ed alla cessazione dei suoi effetti), sia intervenuta una modifica normativa per effetto della più volte ricordata sentenza della Corte costituzionale n. 188 del 1991! in forza della quale i benefici della assicurazione di cui alla legge n. 990 del 1969 sono stati estesi anche ai congiunti dei trasportati. Non può - infatti - al riguardo, non ribadirsi, in applicazione dei principi generali in tema di autonomia contrattuale e in conformità ad una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte regolatrice, che qualora il contratto di assicurazione determini il rischio oggetto di copertura assicurativa con esplicito riferimento al contenuto di una norma di legge, la norma medesima viene recepita con il valore di patto negoziale. Ne segue, pertanto, che la sua eventuale successiva modificazione, ancorché per effetto di declaratoria di totale o parziale illegittimità costituzionale, non può di per sè comportare variazioni del rischio assicurato. In termini, ad esempio, Cass. 28 agosto 1978, n. 4008, resa - in una fattispecie sotto molti aspetti identica alla presente - con riguardo a contratto di assicurazione della responsabilità civile del datore di lavoro, per infortuni sul lavoro dei suoi dipendenti, stipulato con riferimento ai casi previsti dall'art. 4 r.d. 17 agosto 1935 n. 1765, poi riprodotto dall'art. 10 d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124). 7. 2. Sempre con il terzo motivo, sotto altro profilo, si censura - come anticipato - la sentenza gravata per non avere fatto applicazione dell'art. 28 della l. 19 febbraio 1992 n. 142 che, in attuazione della sentenza n. 188-5 del Consiglio delle Comunità Europee ha riscritto il testo dell'art. 4 della legge 24 dicembre 1969, n. 990. La nuova normativa, assume il ricorrente, contenente disposizioni a carattere obbligatorio e inderogabile è immediatamente applicabile, anche ai sensi dell'art. 1339 c.c., alla presente controversia in corso. L'assunto è infondato, atteso che contrasta con quello che è lo stesso tenore letterale della legge 19 febbraio 1992, n. 142, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee (legge comunitaria per il 1991) che all'art. 32, sotto il titolo «Decorrenza dell'efficacia», precisa: «le disposizioni di cui agli articoli 27, 28, 29, 30, comma 2, e 31 acquistano efficacia a decorrere dal secondo mese successivo alla data di entrata in vigore della presente legge». Esattamente - pertanto - i giudici del merito non hanno applicato - al fine di accertare il contenuto, di un contratto stipulato nel 1986 per la durata di un anno, una disposizione normativa entrata in vigore circa sei anni dopo (cioè nel 1992) che, per espressa volontà legislativa, non solo non contiene alcuna deroga al principio generale della irretroattività della legge, posto dall'art. 11 preleggi, ma che - al limite - prevede un termine di vacatio legis maggiore di quello fissato, in linea generale, dall'art. 73, comma 3, cost. In base ai principi che regolano la successione delle leggi nel tempo come noto qualsiasi contratto deve essere interpretato (sia al fine di determinarne la eventuale illiceità e, reciprocamente, la validità, sia per accertarne il contenuto, anche - per ipotesi - ex art. 1339 c.c. sulla base della normativa in vigore al momento della sua conclusione (cfr., ad esempio, Cass. 21 ottobre 1994, n. 8651, nonché Cass. 21 febbraio 1995, n. 1877). 8. Con il quarto, e ultimo, motivo il ricorrente denunziando «violazione dell'art. 92 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.» assume, da una parte, che «per quanto esposto si appalesa errata la conferma della sentenza di primo grado in ordine alle spese che andavano poste a carico della controparte per il doppio grado», dall'altra, che «quanto meno in considerazione dei giusti motivi ritenuti sussistenti per la compensazione delle spese in grado di appello la corte territoriale avrebbe dovuto analogamente ritenerli validi per riformare in tale senso la sentenza del tribunale e per disporre la compensazione delle spese tra le parti anche per il primo grado del giudizio». 9. Al pari dei precedenti il motivo non può trovare accoglimento. Sotto, nessuno dei due profili in cui si articola. 9. 1. Quanto al primo obbligo della corte del merito di porre a carico di controparte le spese di entrambi i gradi del giudizio, attesa l'infondatezza degli assunti da questa fatti valere e, per l'effetto, la sua «soccombenza» ex art. 91 c.p.c.!, lo stesso deve disattendersi atteso che in realtà - come risultato anche a seguito del rigetto dei precedenti motivi di ricorso - la POLARIS ASSICURAZIONI s.p.a. lungi dal risultare, in esito al lungo giudizio che l'ha vista contrapposta a FONTE Antonino, soccombente e, quindi, tenuta al pagamento delle spese di lite, ha sempre visto accogliere le proprie conclusioni. 9. 2. In merito al secondo profilo non può non ribadirsi che in tema di spese processuali, la statuizione sulle spese adottata dal giudice di merito è sindacabile in sede di legittimità nei soli casi di violazione del divieto, posto dall'art. 91 c.p.c., di porre anche parzialmente le spese a carico della parte vittoriosa o nel caso di compensazione delle spese stesse fra le parti adottata con motivazione illogica o erronea. In ogni altro caso, e in particolare ove il giudice pur se in assenza di qualsiasi motivazione, abbia compensato le spese o al contrario le abbia poste a carico del soccombente, anche disattendendone la espressa sollecitazione a disporne la compensazione, la statuizione è insindacabile in sede di legittimità, stante l'assenza di un dovere del giudice di motivare il provvedimento adottato, senza che al riguardo siano configurabili dubbi di illegittimità costituzionale per contrasto con l'art. 111 cost. (Cass. 10 giugno 1997, n. 5174. Sempre nello stesso senso, Cass. 12 marzo 1999, n. 2216; Cass. 29 aprile 1999, n. 4347). Pacifico quanto sopra e pacifico che nella specie non risulta violato nè un principio (non essendo state poste a carico della parte totalmente vincitrice le spese di causa), nè l'altro (non essendo stati enunciati, a fondamento del provvedimento relativo alle spese di causa, motivi illogici o erronei), è palese la inammissibilità della deduzione in esame. 10. Risultato infondato in ogni sua parte, il proposto ricorso, in conclusione, deve essere rigettato. Sussistono giusti motivi onde disporre, tra le parti costituite, la compensazione delle spese di questo giudizio di legittimità. Inizio documento P.Q.M La Corte, rigetta il ricorso; compensa, tra le parti costituite, le spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della III sezione civile della Corte di cassazione il giorno 9 febbraio 2000. Nota Redazionale - In senso conforme cfr. Cass. 16 dicembre 1997 n. 12723, Arch. giur. circ. 1998, 452. (Messaggio modificato da amvfd il 04 settembre 2003) |
   
Ruggero Vertemati (vertemax)
Nuovo utente (in prova) Username: vertemax
Messaggio numero: 17 Registrato: 12-2002
| Inviato il giovedì 04 settembre 2003 - 20:52: |    |
Molte grazie per l'interessamento al mio caso;vi terrò informati di ogni ed eventuale sviluppo in merito. Ancora grazie e un ruggisaluto. |
   
Umberto (elfer)
Utente esperto Username: elfer
Messaggio numero: 728 Registrato: 09-2002

| Inviato il domenica 07 settembre 2003 - 18:25: |    |
Circa la sentenza riportata da Fabio in materia di risarcibilità dei danni ai familiari od ai conviventi del responsabile, va precisato che la Cassazione ha dichiarato incostituzionale la lettera b dell'art. 4 laddove dichiara che il danno è irrisarcibile. Detta sentenza, emessa anche per armonizzare la legge italiana con quelle comunitarie, fa riferimento al solo danno fisico anche in qualità di trasportato, ma non ricomprende il danno a cose. Se vuoi puoi leggere l'intero testo della sentenza a questo indirizzo: http://www.giurcost.org/decisioni/1991/0188s-91.html La fonte del risarcimento va invece fatta risalire alla lettura autentica del medesimo articolo 4, che riporto per facilità di analisi: Art. 4 (1) 1. Non è considerato terzo e non ha diritto ai benefìci derivanti dal contratto di assicurazione obbligatoria stipulato a norma della presente legge il solo conducente del veicolo responsabile del sinistro. 2. Ferme restando la disposizione di cui al secondo comma dell'art. 1 e quella di cui al comma 1 del presente articolo, non sono inoltre considerati terzi e non hanno diritto ai benefìci derivanti dai contratti di assicurazione stipulati a norma della presente legge, limitatamente ai danni alle cose: a. i soggetti di cui all'art. 2054, terzo comma, del codice civile; b. il coniuge non legalmente separato, gli ascendenti e i discendenti legittimi, naturali o adottivi dei soggetti di cui al comma 1 e di quelli di cui alla lettera a), nonché gli affiliati e gli altri parenti e affini fino al terzo grado di tutti i predetti soggetti, quando convivano con questi o siano a loro carico in quanto l'assicurato provvede abitualmente al loro mantenimento; c. ove l'assicurato sia una società, i soci a responsabilità illimitata e le persone che si trovano con questi in uno dei rapporti indicati alla lettera b). (1) Articolo sostituito dall'art. 28, L. 19 febbraio 1992, n. 142. E' palese nella previsione normativa l'esclusione dall'assicurazione dei soggetti descritti "quando convivano con questi o siano a loro carico in quanto l'assicurato provvede abitualmente al loro mantenimento;" La "convivenza", come precedentemente specificato, cessa certamente col cambio di residenza (formandosi in tal caso senza alcun dubbio un nuovo nucleo familiare); probabilmente anche col cambio di domicilio, ma potrebbe essere controvertibile o "di comodo" e quindi facilmente opponibile in sede giudiziaria. Nessuna interpretazione in senso restrittivo può comunque essere opposta dalla compagnia, casomai qualcuno pensasse che il riferimento alla convivenza vada solo ai parenti od affini oltre il terzo grado. Potrebbe semmai essere imbarazzante convenire a giudizio il proprio genitore, vigendo in Italia il litisconsorzio necessario in tema di contratto assicurativo, dal momento che quella assicurativa non è una forma di "garanzia propria" in senso stretto (come p.e. la fideiussione). Ma se questa fosse la necessità, viva Dio, si citi anche il babbo, no? Saluti. Umberto Elfer web site!
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luigi cavallito (gigi)
Nuovo utente (in prova) Username: gigi
Messaggio numero: 1 Registrato: 09-2003
| Inviato il lunedì 08 settembre 2003 - 21:14: |    |
sapete che per le autovetture storiche iscritte all'ASI (con + di 20 anni) esistono delle polizze senza limitazione di guida con un premio di soli 80,00€ annuali... |
   
Maurizio (morice)
Utente esperto Username: morice
Messaggio numero: 717 Registrato: 10-2001

| Inviato il lunedì 08 settembre 2003 - 21:39: |    |
Ma no..!!! Cosa mi dici......!?!?!?!?!?!?!
La massima di un Talebano: Se sicuro in giro vuoi andare, con l'aria il motore lo devi raffreddare..!!!
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Ruggero Vertemati (vertemax)
Nuovo utente (in prova) Username: vertemax
Messaggio numero: 19 Registrato: 12-2002
| Inviato il martedì 09 settembre 2003 - 14:15: |    |
Ma non ho capito cosa centra! Un ruggisaluto. |
   
Ruggero Vertemati (vertemax)
Nuovo utente (in prova) Username: vertemax
Messaggio numero: 21 Registrato: 12-2002
| Inviato il giovedì 11 settembre 2003 - 12:31: |    |
L'avvocato dell'assicurazione insiste per avere luna sentenza che è passata in giudicato che mi possa avvalere. Cosa posso fare? Un ruggi saluto un poco in.....to. |
   
Ruggero Vertemati (vertemax)
Nuovo utente (in prova) Username: vertemax
Messaggio numero: 29 Registrato: 12-2002
| Inviato il sabato 15 novembre 2003 - 14:45: |    |
A distanza di ben 2 mesi ho potuto finalmente incassare l'assegno di 1427€ che era poi il danno effettivo. Devo fare un ringraziamento all'avv.Ienga Luca di Monza che ci ha messo molto del suo,il perito Caterini di Monza il quale ha fatto una perizia ad hoc e al sostegno morale di tuttoil forum in particolare ad Umberto. Un ruggisaluto. |
   
Umberto (elfer)
Utente esperto Username: elfer
Messaggio numero: 872 Registrato: 09-2002

| Inviato il sabato 15 novembre 2003 - 19:04: |    |
Y A H O O !!! Questa sì, che è una bella notizia!!! Sono davvero soddisfatto per il tuo risultato... E' stata dura, ma alla fine è andata bene e soprattutto senza necessità del ricorso al giudice. Complimenti, Ruggero!!! Umberto
Elfer web site!
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